martedì 16 dicembre 2008

"Questo l'ho scritto io!"

La disputa tra noi proseguiva da tempo, senza mai approdare a nulla; i miei argomenti erano vani di fronte alla sua proterva sicumera. Egli non era cattivo; soltanto un po' più testardo di quanto il comune decoro vorrebbe concedere ai deboli d'intelletto suoi pari. Pure, ero convinto che gran parte della sua ostinazione fosse dovuta ad un'errata comprensione dei termini fondanti la questione. In un testo che dava nuovo vigore alle mie tesi, inaspettatamente trovai lo strumento per chiudere la partita. Le sue capacità di comprensione sarebbero state messe alla prova, ma ero fiducioso che la verità fosse alla sua portata. Sulle prime stentava a ritrattare. Poi, con l'avanzare del segnalibro, si ammorbidì, pur negandosi ad un'aperta ammissione. Sul finire del volume, la sete di ragione fece vacillare l'orgoglio di cui si era finora imbevuto. Il mio successo era nell'aria, ma rimase in potenza fino a che egli non affrontò l'ultimo, cruciale capitolo. Capìtolo, capitolò.

Per i curiosi dei casi di costui

Non è mai stato all'ikea
Sa di aver troppi princìpi, pochi mezzi, e nessun fine. Ha sempre la risposta pronta (in una settimana, massimo dieci giorni). Non farebbe del male a una mosca, ma nemmeno del bene: s'arrangi. Ha un'ottima salute, ma non ne gode. In genere generoso, è ragionevole ma pure cagionevole: quando non è ammalato, è ammaliato, e si è infatuato da infartuato. Da altri definito: insostenibile, pigerrimo, hopeless wannabe, pesante anche senz'adipe; ci tiene a far sapere che in realtà d'egli si può dir tutto, ma che sia basso proprio no.